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IPDM - Squid Game: quali conseguenze sui nostri figli? L’IPDM SI INTERROGA

Risale a poco più di un mese fa il lancio di una nuova serie prodotta da Netflix, Squid Game. La serie sudcoreana narra la storia di un gruppo di persone ai margini della società che accetta di partecipare a una serie di giochi apparentemente banali, da bambini, per poi scoprire che anche il più piccolo errore ha come conseguenza la squalifica, segnata dalla morte del partecipante. Inizialmente i giocatori sono colti dal panico, poi decidono di giocarsi il tutto per tutto per provare a vincere il premio finale, una quantità di denaro pari a decine di miliardi di won.

Da subito, la serie sudcoreana si afferma come la più vista immediatamente dopo il lancio. Vista con occhio adulto e sguardo critico, risulta emergere un messaggio su un duplice livello: da un lato la coralità propone una visione della vita come avente valore in base al denaro, per cui vivendo una situazione di estrema difficoltà economica tanto vale rischiare la vita (e nella quasi totalità dei casi, perderla) per vincere il premio finale; l'individuo è solo di fronte alle difficoltà ed immerso in un mondo completamente disinteressato e non disposto a trovare soluzioni per chi è ai margini della società. Dall'altro lato, i personaggi della serie veicolano un messaggio in maniera sottile, quasi flebile, per il quale sì, le difficoltà economiche con cui hanno a che fare mettono a dura prova, ma la vita ha un valore che va ben oltre il denaro. È qui che si colloca la problematica della visione di questa serie da parte dei giovanissimi: i più piccoli, infatti, difficilmente sono in grado di cogliere quest'ultimo messaggio e di capire che la realtà proposta dalla serie sia estremamente distorta e fuorviante rispetto al concetto di valore della vita. La Fondazione Carolina si fa portavoce di svariate segnalazioni di genitori, insegnanti, educatori che hanno notato nei bambini l'emulazione dei contenuti della serie sudcoreana, per cui affermano di assistere sempre più spesso a giochi in cui la sconfitta viene pagata a prezzo di schiaffi, pugni o, in alcuni casi, della pubblica umiliazione nei contesti in cui i bambini stessi si trovano: “mio figlio ha picchiato la sua amichetta mentre giocava a Squid Game”. “I miei figli non sono stati invitati alla festa del loro compagno, perché non vogliono giocare a Squid Game”. Sono solo alcune delle testimonianze arrivate a Fondazione Carolina; un campione allarmante rispetto ad una serie che racconta violenza, alienazione e dipendenze con la semplicità dei giochi d’infanzia. Il problema, dunque, non è l'esistenza della serie stessa, ma il fatto che i contenuti proposti arrivino senza filtri a bambini e ragazzi che difficilmente sono in grado di filtrare il messaggio veicolato. Presupposto che, contenuti di questo genere esistono e che difficilmente è possibile impedire in senso assoluto che bambini e ragazzi entrino a contatto con messaggi potenzialmente distruttivi a livello educativo, cosa possono fare gli adulti?

È innanzitutto di fondamentale importanza che i genitori tornino ad assumersi la responsabilità di vigilare sui contenuti visionati dai propri figli e siano mediatori tra i ragazzi e ciò che il web (da Netflix, a Tiktok, a YouTube, e così via) propone loro. Nel momento in cui i genitori sono consapevoli di cosa guardano i propri figli (ad esempio, come nel caso di Squid Game, su Netflix), diviene possibile per loro modulare i contenuti che arrivano a questi ultimi, spiegando loro la realtà che li circonda ed educandoli al fine di prepararli alla vita nel mondo in cui si troveranno.

Dott.ssa Prisca Podio

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Pubblicato il 06/12/2021 alle ore 22:14

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